Intelligenza Artificiale per la diagnosi e prognosi della Sclerosi Multipla

30 Luglio 2020
sclerosi multipla

Un gruppo di ricercatori italiani ha utilizzato algoritmi di machine learning per prevedere l’evoluzione della malattia nel medio periodo, dai sei mesi a due anni

 

Utilizzando i soli dati clinici si può prevedere in maniera affidabile l’evoluzione della sclerosi multipla grazie all’aiuto dell’intelligenza artificiale. Lo suggerisce uno studio interdisciplinare nato dalla collaborazione tra quattro diversi dipartimenti della Sapienza Università di Roma: quello di Ingegneria informatica automatica e gestionale, di Neuroscienze, salute mentale e organi di senso, di Fisica e di Fisiologia e Farmacologia.

 

Il gruppo di ricercatori, tra cui anche fisici dell’Istituto dei Sistemi complessi (ISC-CNR), ha individuato un nuovo paradigma per predire lo sviluppo della malattia tramite algoritmi di machine learning, a partire da dati medici già disponibili. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista PLOS One.
 

Da una forma recidivante a una forma progressiva

Il database utilizzato contiene i risultati degli esami neurologici e di imaging raccolti regolarmente durante le visite periodiche di oltre 1.600 pazienti (in questo caso, le cartelle cliniche dei pazienti seguiti presso l’ospedale universitario Sant’Andrea di Roma). Solitamente, la sclerosi multipla – che rappresenta la principale causa di disabilità neurologica progressiva nei giovani, colpendo principalmente persone tra i 20 e i 50 anni – inizia con una forma recidivante-remittente (RR), in cui si verifica un’alternanza tra fasi acute e fasi di remissione, che lentamente evolve in una forma secondariamente progressiva (SP), con un peggioramento della disabilità. Proprio perché il decorso varia da soggetto a soggetto, avere una prognosi il più esatta possibile potrebbe aiutare a evitare un trattamento insufficiente in quei pazienti che presentano forme aggressive della malattia o un trattamento eccessivo in coloro che, al contrario, hanno una forma lieve.
 

Lo studio

Per prevedere se un paziente passerà dalla fase RR alla fase SP entro un determinato intervallo di tempo – circa 6 mesi, un anno o due anni – i ricercatori hanno utilizzato due approcci diversi: nel primo caso, le previsioni si sono basate sulle informazioni cliniche relative a una singola visita medica (Visit-oriented); nel secondo caso, invece, il sistema di machine learning ha utilizzato la sequenza di tutte le visite disponibili fino a quel momento per il paziente (History-oriented). Risultato? I dati clinici possono essere sufficienti per prevedere lo sviluppo della malattia. Questo potrebbe rivelarsi molto importante: ormai, infatti, esistono varie terapie in grado di prevenire o ritardare le ricadute anche per molto tempo, ma i possibili effetti avversi sono tanto più gravi quanto più efficace è il farmaco. Se, quindi, ci fosse un modo per riuscire a predire il decorso della malattia, sarebbe possibile differenziare il trattamento, riservando le terapie ad alto impatto esclusivamente a quei pazienti a maggior rischio di progressione della sclerosi multipla.
 

Un approccio diverso

Non è la prima volta che si fa ricorso all’intelligenza artificiale per lo studio di questa malattia con il preciso obiettivo di migliorare la capacità di predizione della prognosi. Attualmente si stanno utilizzando diversi sistemi basati su algoritmi di machine learning, ma nessuno ha ancora raggiunto livelli di affidabilità adeguati all’uso clinico. Inoltre, la maggior parte degli studi effettuati finora fa ricorso a dati altamente specializzati, non usati nella normale pratica clinica, per cui anche migliorando l’efficacia predittiva degli algoritmi, difficilmente essi diverrebbero uno strumento utilizzabile in modo diffuso. Questo metodo, invece, basandosi su dati “del mondo reale”, potrebbe essere replicato e utilizzato in qualsiasi ospedale, ma i ricercatori sottolineano che la capacità predittiva dei modelli necessita di ulteriori miglioramenti ed è indispensabile mantenere attiva la collaborazione tra chi raccoglie i dati e chi li analizza. L’obiettivo, infatti, è riuscire in futuro a fare previsioni su intervalli di tempo più lunghi, dal momento che la sclerosi multipla è una malattia che evolve nel corso degli anni. E questo può essere possibile solo se si hanno a disposizione dati adeguati, e cioè database clinici ampi e ben organizzati.

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