
Si tratta del più grande studio multicentrico di fase 2b condotto su una nuova classe di farmaci, come afimkibart, che agiscono contro TL1A. Sono in corso studi clinici di fase 3 che mirano a confermarne l’efficacia, per il trattamento della colite ulcerosa e della malattia di Crohn.
Il trattamento della colite ulcerosa, una malattia infiammatoria cronica dell’intestino, con il nuovo anticorpo monoclonale afimkibart ha portato a una remissione dei sintomi e dei segni della malattia in alcuni pazienti affetti dalla sua forma moderato-grave.
Lo riporta uno studio clinico multicentrico di fase 2b, denominato TUSCANY-2, guidato dal professor Silvio Danese, primario dell’Unità di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva all’IRCCS Ospedale San Raffaele e ordinario di Gastroenterologia all’Università Vita-Salute San Raffaele.
L’anticorpo monoclonale afimkibart: cos’è e come funziona
Afimkibart è un farmaco che agisce bloccando TL1A, una molecola coinvolta nell’infiammazione e nella fibrosi, due processi tipici della colite ulcerosa. TL1A stimola un’eccessiva produzione di matrice extracellulare e la crescita dei fibroblasti, cellule che la producono. Quando afimkibart la sequestra, TL1A non riesce più a legarsi ai recettori presenti sulle cellule immunitarie e sui fibroblasti, impedendo così l’avvio della catena di eventi che causa infiammazione e cicatrizzazione anomala. In questo modo, afimkibart riduce la risposta infiammatoria e fibrotica tipica della colite ulcerosa.
I risultati dello studio multicentrico TUSCANY-2
Lo studio clinico TUSCANY-2, pubblicato a fine luglio sulla rivista The Lancet Gastroenterology & Hepatology, che ha coinvolto 114 centri in 23 Paesi e di cui l’Ospedale San Raffaele di Milano è capofila, ha testato la sicurezza e l’efficacia di afimkibart nel trattamento della forma moderato-grave della colite ulcerosa.
Sono state valutate tre diverse dosi (50 mg, 150 mg e 450 mg) del farmaco, somministrato sottocute ogni quattro settimane, per un periodo totale di 52 settimane. In parallelo a ogni gruppo di pazienti che ha ricevuto una certa dose del farmaco, un altro gruppo di controllo ha ricevuto un placebo. Tutti i pazienti sono quindi stati sottoposti a colonscopia dopo 14 e dopo 56 settimane dall’inizio del trattamento, per valutare l’andamento della malattia e le caratteristiche della parete intestinale.
In tutti i soggetti che hanno ricevuto afimkibart, il farmaco ha mostrato un profilo di sicurezza accettabile e non ha causato effetti collaterali significativi.
Indipendentemente dalla dose somministrata, afimkibart ha inoltre portato a una remissione clinicamente rilevante dei sintomi e dei segni della malattia in una frazione del gruppo di trattamento, rispetto a quanto osservato nei pazienti che hanno ricevuto il placebo.
Il farmaco ha mostrato un’azione rilevante già dopo 14 settimane dalla prima somministrazione, e la sua efficacia è stata mantenuta anche a 56 settimane dopo l’inizio della sperimentazione, indipendentemente dalla dose somministrata.
Nell’insieme, i risultati di TUSCANY-2 identificano afimkibart come un’alternativa promettente per il trattamento della forma moderato-grave della colite ulcerosa.
Prospettive future
La colite ulcerosa è una delle malattie infiammatorie croniche che colpiscono la parete intestinale. Sebbene esistano diverse opzioni terapeutiche, che includono i farmaci immunosoppressori, i farmaci inibitori di JAK e i farmaci biologici come gli anticorpi monoclonali, molti pazienti non rispondono o rispondo parzialmente ai trattamenti disponibili.
«È pertanto importante continuare la ricerca di nuovi bersagli terapeutici e di nuove strategie che agiscano per attenuare l’infiammazione e la fibrosi che accompagnano le forme moderate e gravi della colite ulcerosa», commenta il professor Silvio Danese, primo autore dello studio TUSCANY-2. «Questo è il più grande studio multicentrico di fase 2b condotto su una nuova classe di farmaci che agiscono contro TL1A, come fa afimkibart. Sono tuttora in corso studi clinici di fase 3 che mirano a confermare i risultati di efficacia di questi farmaci, per il trattamento sia della colite ulcerosa che della malattia di Crohn, un’altra patologia infiammatoria cronica dell’intestino», conclude il professore.
fonte: IRCCS Ospedale San Raffaele



