Colite ulcerosa: studio multicentrico guidato dal San Raffaele apre nuove prospettive con un innovativo anticorpo monoclonale

21 Agosto 2025
Afimkibart san raffaele

Si tratta del più grande studio multicentrico di fase 2b condotto su una nuova classe di farmaci, come afimkibart, che agiscono contro TL1A. Sono in corso studi clinici di fase 3 che mirano a confermarne l’efficacia, per il trattamento della colite ulcerosa e della malattia di Crohn.

 

Il trattamento della colite ulcerosa, una malattia infiammatoria cronica dell’intestino, con il nuovo anticorpo monoclonale afimkibart ha portato a una remissione dei sintomi e dei segni della malattia in alcuni pazienti affetti dalla sua forma moderato-grave.

Lo riporta uno studio clinico multicentrico di fase 2b, denominato TUSCANY-2, guidato dal professor Silvio Danese, primario dell’Unità di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva all’IRCCS Ospedale San Raffaele e ordinario di Gastroenterologia all’Università Vita-Salute San Raffaele.

 

L’anticorpo monoclonale afimkibart: cos’è e come funziona

Afimkibart è un farmaco che agisce bloccando TL1A, una molecola coinvolta nell’infiammazione e nella fibrosi, due processi tipici della colite ulcerosa. TL1A stimola un’eccessiva produzione di matrice extracellulare e la crescita dei fibroblasti, cellule che la producono. Quando afimkibart la sequestra, TL1A non riesce più a legarsi ai recettori presenti sulle cellule immunitarie e sui fibroblasti, impedendo così l’avvio della catena di eventi che causa infiammazione e cicatrizzazione anomala. In questo modo, afimkibart riduce la risposta infiammatoria e fibrotica tipica della colite ulcerosa.

 

I risultati dello studio multicentrico TUSCANY-2

Lo studio clinico TUSCANY-2, pubblicato a fine luglio sulla rivista The Lancet Gastroenterology & Hepatology, che ha coinvolto 114 centri in 23 Paesi e di cui l’Ospedale San Raffaele di Milano è capofila, ha testato la sicurezza e l’efficacia di afimkibart nel trattamento della forma moderato-grave della colite ulcerosa.

Sono state valutate tre diverse dosi (50 mg, 150 mg e 450 mg) del farmaco, somministrato sottocute ogni quattro settimane, per un periodo totale di 52 settimane. In parallelo a ogni gruppo di pazienti che ha ricevuto una certa dose del farmaco, un altro gruppo di controllo ha ricevuto un placebo. Tutti i pazienti sono quindi stati sottoposti a colonscopia dopo 14 e dopo 56 settimane dall’inizio del trattamento, per valutare l’andamento della malattia e le caratteristiche della parete intestinale.

In tutti i soggetti che hanno ricevuto afimkibart, il farmaco ha mostrato un profilo di sicurezza accettabile e non ha causato effetti collaterali significativi.

Indipendentemente dalla dose somministrata, afimkibart ha inoltre portato a una remissione clinicamente rilevante dei sintomi e dei segni della malattia in una frazione del gruppo di trattamento, rispetto a quanto osservato nei pazienti che hanno ricevuto il placebo.

Il farmaco ha mostrato un’azione rilevante già dopo 14 settimane dalla prima somministrazione, e la sua efficacia è stata mantenuta anche a 56 settimane dopo l’inizio della sperimentazione, indipendentemente dalla dose somministrata.

Nell’insieme, i risultati di TUSCANY-2 identificano afimkibart come un’alternativa promettente per il trattamento della forma moderato-grave della colite ulcerosa.

 

Prospettive future

La colite ulcerosa è una delle malattie infiammatorie croniche che colpiscono la parete intestinale. Sebbene esistano diverse opzioni terapeutiche, che includono i farmaci immunosoppressori, i farmaci inibitori di JAK e i farmaci biologici come gli anticorpi monoclonali, molti pazienti non rispondono o rispondo parzialmente ai trattamenti disponibili.

«È pertanto importante continuare la ricerca di nuovi bersagli terapeutici e di nuove strategie che agiscano per attenuare l’infiammazione e la fibrosi che accompagnano le forme moderate e gravi della colite ulcerosa», commenta il professor Silvio Danese, primo autore dello studio TUSCANY-2. «Questo è il più grande studio multicentrico di fase 2b condotto su una nuova classe di farmaci che agiscono contro TL1A, come fa afimkibart. Sono tuttora in corso studi clinici di fase 3 che mirano a confermare i risultati di efficacia di questi farmaci, per il trattamento sia della colite ulcerosa che della malattia di Crohn, un’altra patologia infiammatoria cronica dell’intestino», conclude il professore.

 

fonte: IRCCS Ospedale San Raffaele

 

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