dto | Excellence for Innovators, successo per il webinar dedicato all’analisi dei PFAS

23 Ottobre 2023
dto analisi dei PFAS

Ottimi risultati per il webinar di dto | Excellence for Innovators “Analisi dei PFAS: la sfida continua!”, che si è tenuto lo scorso 17 ottobre.

 

Lo scorso 17 ottobre si è tenuto con successo il webinar, presentato da dto | Excellence for Innovators, dal titolo “Analisi dei PFAS: la sfida continua!”. Il monitoraggio dei livelli di PFAS è infatti un tema che da tempo desta l’interesse dell’intero settore chimico-analitico, soprattutto in seguito alle ultime restrizioni adottate dai Paesi dell’Unione Europea e dell’intero pianeta. Per questo, in qualità di centro di eccellenza PFAS, l’azienda ha sentito il dovere di dare il suo contributo, presentando i risultati degli studi condotti nel suo laboratorio, con la collaborazione di importanti Università.

 

A introdurre l’evento è stato Michele Pozzebon, Lab Manager presso dtoLABS, che ha parlato delle principali caratteristiche di queste sostanze. I PFAS sono un gruppo di molecole utilizzate dagli anni ’40 per la produzione di beni per l’industria e sono caratterizzati dall’elevata stabilità termica, dall’idrorepellenza e dalla capacità di modificare la tensione superficiale. Tali proprietà le rendono ideali per una vasta gamma di applicazioni, ma destano anche preoccupazione per i loro effetti sulla salute umana. I PFAS sono persistenti nell’ambiente e alcuni di essi sono anche altamente solubili e mobili. Emessi nel suolo, possono facilmente spostarsi nelle acque sotterranee ed essere trasportati oltre la fonte di contaminazione originale. A destare maggiore preoccupazione dal punto di vista ambientale sono i PFAS a catena lunga per la loro persistenza nell’ambiente, spesso associata a un’elevata capacità di bioaccumulo e tossicità. I PFAS sono impiegati in moltissimi settori produttivi e merceologici, tra cui l’automotive, i cosmetici, i prodotti per la casa e il settore medico, l’energia e il food processing. Solo nella produzione tessile ne vengono impiegate dalle 45 alle 80 migliaia di tonnellate. Attualmente si sta cercando di sostituire i PFAS tradizionali, come PFOS e PFOA, con composti PFAS nominalmente non polimeri e fluorine free, ancora da valutare. Se in passato si poneva molta attenzione solo all’acqua per consumo umano, oggi occorre prestarne anche a tutti gli altri tipi di acque, oltre che ai terreni e ai rifiuti. Tra le nuove sfide c’è la determinazione dei PFAS nell’ambiente e nel settore alimentare e tossicologico. dtoLABS ha iniziato a fare valutazioni su altre metodologie analitiche da percorrere per analizzare queste matrici. Inoltre, se l’OECD ha identificato 4.730 composti con CAS correlati a PFAS, si tratta certamente di un dato sottostimato: potrebbero essere 10 o 15mila. Occorre dunque una definizione più precisa di PFAS. L’importanza del monitoraggio di queste sostanze si lega a tre motivi morali: la salute umana (l’esposizione ai PFAS è associata a problemi di salute a lungo termine), l’ambiente (la contaminazione da PFAS delle risorse idriche può comportare la presenza di sostanze nell’acqua potabile), l’economia (i costi di bonifica possono gravare sulle generazioni future). Infatti l’Unione europea e l’EPA americana stanno disponendo delle restrizioni e chiedono di sostituire questi composti.

Silvia Dallariva, Sales Executive presso dtoLABS, ha presentato le attività del laboratorio: Dto è un’azienda tutta italiana, partner di Agilent Technologies, che quest’anno festeggia i primi trent’anni al servizio dell’innovazione. È partner globale per la vendita dei consumabili, per il noleggio di strumentazione all’avanguardia, la consulenza specialistica dedicata e la formazione esperienziale su cromatografia e spettrometria di massa.

Nel suo intervento – dal titolo “Determinazione di sostanze per-e polifluoralchiliche (PFAS) in matrici biologiche umane” – Jennifer Pascali, professoressa presso Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna, ha sottolineato come l’accumulo di queste molecole sia associato alla sussistenza di forme patologiche su diversi sistemi d’organo, come il sistema riproduttivo e quello endocrino; alcuni effetti sono collegati al dimorfismo sessuale. Queste molecole possono anche diminuire le chance di crescita a livello fetale. Gli effetti tossici di queste sostanze non conoscono limiti di specie, dal momento che sono stati riscontrati effetti negativi sulle vie metaboliche di diverse specie di animali. L’uomo può essere esposto ai PFAS attraverso tre vie: la via inalatoria, l’assorbimento dermico e la via ingestiva. Tradizionalmente nell’uomo la stima di esposizione PFAS viene effettuata attraverso l’analisi del siero. In Europa ci sono circa 17mila siti contaminati, negli Usa, secondo una stima non molto recentemente, 3mila siti: ciò significa che i PFAS sono al centro di un problema di salute pubblica a livello mondiale. Nell’ambito della tossicologia forense c’è un dibattito sui limiti di sicurezza per i campioni biologici umani perché la letteratura si è fino a oggi concentrata sulle matrici ambientali e alimentari. La tossicologia forense dal suo canto può contribuire alle indagini sulla diffusione dei PFAS nella popolazione e alla proposta nuovi approcci metodologici di biomonitoraggio. Pascali ha poi presentato i risultati di due studi. Il primo studio, relativo all’analisi di PFAS in capello in popolazioni non particolarmente esposte, aveva lo scopo di valutare il capello come matrice biologica idonea a le differenze nell’esposizione ai PFAS. È stato sviluppato un metodo per la rilevazione di circa 20 PFAS nel capello e la raccolta di campioni da persone residenti in quattro Regioni italiane (Veneto, Emilia-Romagna, Marche e Lombardia). Il campione è stato decontaminato esternamente, estratto in acetonitrile e l’analisi è stata realizzata con la tecnica analitica LC-QTOF. Coinvolti 86 soggetti tra i 18 e i 65 anni: il 66% ha mostrato di avere concentrazioni quantificabili di una o più molecole di PFAS (fino a 4 molecole). PFOS e PFOA sono le molecole più frequentemente riscontrate nei capelli dei soggetti, mentre PFBA e PFDA sono le molecole a maggior concentrazione. La popolazione del Veneto presenta una media di PFAS più alta di quella delle altre Regioni. In conclusione, le concentrazioni di PFAS nei capelli differiscono su base regionale a livello qualitativo e quantitativo. Il capello può essere una matrice complementare per valutare l’esposizione di un soggetto a queste molecole e può essere usato per studi su larga scala anche grazie alla sua bassa invasività. Il secondo studio ha riguardato l’analisi dei PFAS in campioni di placenta. La placenta è un organo bersaglio transitorio per la tossicità dei PFAS ed è permeabile a tali sostanze. L’obiettivo dello studio è stato quello di determinare la presenza di PFAS nei campioni di decidua e villi al fine di identificare un diverso grado di permeabilità della placenta. È stato sviluppato un metodo ad hoc per la rilevazione di 23 PFAS. Sono stati raccolti 20 campioni di placenta, nessuno di essi è risultato negativo: sono state riscontrate 16 delle 23 molecole ricercate (soprattutto PFOS e PFOA). PFOS e PFOA presentavano concentrazioni più elevate nei campioni di villi, mentre PFHxa e PFHxS nei campioni di decidua. In conclusioni, i dati hanno indicato un diverso tipo di accumulo tra PFOS/PFOA/ PFHxa/PFHxS, quindi i tessuti placentari mediano il trasferimento di PFAS nel sangue fetale in modo non uniforme. La valutazione dell’efficienza di trasferimento basata esclusivamente sulla lunghezza della catena carboniosa però non spiega completamente i dati: vanno prese in considerazione anche altre caratteristiche molecolari, come il peso molecolare, la solubilità dei lipidi e il grado di ionizzazione per valutazione l’efficienza di trasferimento. Nelle prospettive future del progetto, c’è la volontà di aumentare il numero dei soggetti coinvolti, aggiungendo anche una valutazione istopatologica della placenta, la raccolta dei dati clinici delle madri e dei neonati e uno studio trascrittomico su un sottoinsieme di placente.

La parola è poi passata a Elena Piva, Application Specialist presso dtoLABS, che ha dedicato il suo intervento alle analisi dei PFAS in matrici alimentari, presentando i risultati di un progetto di ricerca, svolto da dtoLABS, in collaborazione con l’Università degli Studi di Padova, relativo alla determinazione di sostanze e polifluoroalchiliche in campioni vegetali (verdure e ortaggi). Scopo della ricerca era sviluppare e validare un metodo in LC-MS/MS per la determinazione di queste molecole. Sono state prese in considerazione tre categorie di prodotti: verdure fresche, verdure surgelate r verdure confezionate pronte all’uso. In totale sono stati 41 campioni totali analizzati: 23 di verdure confezionate, 8 di verdure surgelate e 10 di verdure fresche. Per il metodo analitico è stato fatto riferimento alla Guida sui parametri analitici per la determinazione delle sostanze per- e polifluoroalchiliche in cibi e mangimi, sviluppato da Eurl. Nel dettaglio, sono stati presi in considerazione PFOA, PFNA, PFOS e PFHxS. Tra i parametri analitici per la validazione del metodo: selettività, stabilità, linearità, limite di rilevazione, limite di quantificazione, accuratezza e precisione. Per lo spettrometro di massa è stato utilizzato un sistema Agilent UItivo triplo quadrupolo con modalità di acquisizione in dMRM. Nel complesso, sono stati ottenuti dei buoni risultati cromatografici in termini di separazione dei picchi anche in tempi relativamente brevi. Sono stati monitorati per tutti gli analiti due transizioni, una quantificatrice e l’altra qualificatrice. In conclusione, sono stati rilevati 12 PFAS in una concentrazione maggiore al valore di LOQ calcolato sperimentalmente: di questi 8 sono acidi carbossilici (PFCA) e gli altri 4 sono acidi sulfonici. Tra questi 12, 6 hanno una frequenza di rilevazione maggiore del 45%: il PFOA è stato il composto maggiormente rilevato (34 campioni su 41) ma i valori di concentrazione spesso sono inferiori rispetto ad altri analiti e ai limiti di guardia indicati dalle linee guida europee. Il PFBA invece rappresenta il composto con la più alta concentrazione rilevata (0,273 ng/g). Mediamente le concentrazioni degli analiti rilevati sono più elevate nei prodotti pronti all’uso.

Nel suo intervento – Analisi dei prodotti nel trattamento al plasma atmosferico di acqua contaminata da PFAS – Ester Marotta, Professoressa del Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università di Padova, ha spiegato come gli impianti tradizionali di trattamento delle acque potabili e delle acque reflue non siano in grado di degradare i PFAS. Per questo si rende necessario aggiungere un modulo, costituito da carboni attivi granulari o in polvere che serve ad adsorbire questi composti. Si tratta di una tecnologia efficace, a basso costo ma con un tempo di vita limitato. Questa tecnica infatti permette di rimuovere i PFAS dalle acque ma non di degradarli. Nel laboratorio dell’Università di Padova, invece, si utilizza il plasma atmosferico per degradare i PFAS in acqua. Il plasma è un gas parzialmente ionizzato; il plasma freddo o di non-equilibrio può essere prodotto in laboratorio attraverso l’applicazione di una scarica elettrica non-termalizzante in un gas. Con questo metodo si creano elettroni ad alta energia che interagiscono gli atomi del gas, eccitandoli, ionizzandoli e dissociandoli. L’argon è il gas che funziona meglio nel caso dei PFAS. Gli elettroni prodotti nel plasma possono interagire direttamente con i PFAS presenti nell’acqua. I PFAS a catena lunga tendono a stare sulla superficie dell’acqua. L’anno scorso l’Università di Padova ha ottenuto il brevetto italiano per una nuova configurazione degli elettrodi per la produzione del plasma. Il reattore RAP (Radial Plasma Discharge) riesce a degradare soluzioni di PFOA e PFOS dell’ordine di 4 e 5 ppm in una decina di minuti. Nel laboratorio dell’università ci sono due sistemi cromatografici accoppiati a spettrometri di massa: il sistema è stato utile per riconoscere altri prodotti della degradazione dei PFAS, acidi a catena variabile, in cui uno o più atomi di fluoro sono sostituiti o con idrogeno o con un gruppo ossidrile. Nel caso in cui sia necessario analizzare matrici reali, quindi più complesse, il sistema risulta però inadeguato a causa dell’indisponibilità degli standard dei prodotti di sostituzione: allora si sono utilizzate soluzioni di PFOA e PFOS preparate in laboratorio e trattate col plasma per l’ottimizzazione del metodo SPE e dell’analisi di massa. È stato poi costruito un nuovo reattore in grado di trattare fino a 400 mL di acqua: in quest’ambito è nata la collaborazione con dtoLABS, che è partner aziendale dell’ateneo nell’ambito di una borsa di dottorato su tematiche green. La dottoranda ha svolto sei mesi in azienda, dove ha potuto utilizzare un analizzatore ad alta risoluzione q-TOF. È stato trattato con il reattore un campione di acqua sotterranea contaminata proveniente dalla zona del veronese: dopo 60 minuti di trattamento PFOS, PFHpS, PFHxS, PFPeS sono risultati totalmente degradati. PFBS, invece, è stato degradato del 62% in 120 minuti. In conclusione, è stato sviluppato un metodo che permette di valutare l’efficacia de trattamenti volti a degradare i PFAS nelle acque ma persiste la necessità di incrementare l’efficacia del trattamento dei PFAS a catena corta.

In conclusione del webinar Pozzebon ha presentato un’importante novità per il 2024: il Circolo degli Innovatori, che sarà aperto solo a un numero ristretto di partecipanti, con l’obiettivo di accelerare la ricerca, migliorare la qualità dell’analisi e promuovere l’innovazione. Offrirà sei vantaggi competitivi: favorirà lo scambio di conoscenze, la risoluzione di problemi complessi, l’innovazione tecnologica, l’ottimizzazione dei processi, supporto decisionale e networking e sviluppo professionale. Le iscrizioni apriranno a gennaio 2024.

 

Guarda il video del webinar:

 

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