Ghiacciai che si sciolgono e livello dei mari in aumento, cosa dovremmo fare secondo l’IPCC

30 Settembre 2019
IPCC

Il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) ha pubblicato un documento in cui mette in guardia sullo stato attuale e futuro degli oceani e della criosfera

 

Nella settimana che ha portato al vertice delle Nazioni Unite, in varie parti d’Europa gli ambientalisti hanno celebrato i ‘funerali’ dei ghiacciai scomparsi, ovvero le sentinelle più sensibili ai cambiamenti climatici. Sulle Alpi, queste preziose riserve idriche si sono dimezzate in un secolo e con le temperature attuali tutte quelle sotto i 3.500 metri rischiano di sparire entro il 2050.

 

Dal Monte Bianco alla Dolomiti, dove il ghiaccio della Marmolada – secondo una ricerca del Cnr – ha ancora solo 25 anni di vita.

L’IPCC, il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, conferma che i ghiacciai si stanno sciogliendo, i livelli dei mari stanno aumentando e gli oceani si stanno riscaldando, sempre più acidi e meno produttivi. Non solo: gli eventi meteorologici estremi sulle zone costiere sono di proporzioni sempre più gravi. Assisteremo ad aumento senza precedenti della temperature e della acidificazione, un calo dell’ossigeno, ondate di calore, piogge e cicloni più frequenti e devastanti, aumento del livello delle acque, diminuzione degli animali marini.

Tuttavia l’organismo delle Nazioni Unite non si è limitato solo a lanciare allarmi: ha proposto ai politici di tutto il mondo una serie di misure concrete per favorire l’adattamento ai cambiamenti climatici, che ormai non possono essere più evitati, e cercare di ottenere benefici per lo sviluppo sostenibile.

Riduzioni urgenti e ambiziose delle emissioni

La riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e di combustibili fossili è la misura fondamentale per consentire resilienza e sviluppo sostenibile, si legge nel rapporto. “La riduzione delle emissioni di gas serra limiterà gli impatti sugli ecosistemi oceanici che ci forniscono cibo, sostengono la nostra salute e danno forma alle nostre culture”, scrive Hans-Otto Pörtner, copresidente del secondo gruppo di lavoro dell’IPCC. “Ridurre altri fattori di pressione, come l’inquinamento, aiuterà ulteriormente la vita marina ad affrontare i cambiamenti nel loro ambiente, consentendo al tempo stesso un oceano più resiliente”.

Ridurre le emissioni per limitare il riscaldamento globale è fondamentale anche per molte delle soluzioni delineate. Ad esempio, le opzioni di ripristino della barriera corallina potrebbero essere inefficaci se il riscaldamento globale supererà i 1,5°C dato che i coralli sono già ad alto rischio agli attuali livelli di riscaldamento.

Reti di aree protette

Questa misura contribuirebbe a trarre vantaggio da alcuni “servizi” che offrono gli ecosistemi, come l’assorbimento e lo stoccaggio dell’anidride carbonica, ma anche a proteggere le migrazioni delle specie che si verificheranno in risposta al riscaldamento degli oceani e all’innalzamento del livello del mare. Tuttavia, le barriere geografiche, il degrado degli ecosistemi, la frammentazione degli habitat e gli ostacoli alla cooperazione regionale limitano il potenziale di queste “reti protette”.

Ripristino degli habitat terrestri e marini

Servono strumenti di gestione degli ecosistemi, come il trasferimento assistito delle specie e la coltivazione delle barriere coralline. Nel rapporto si sottolinea l’importanza di utilizzare le conoscenze locali e autoctone, da coniugare ad un piano a lungo termine basato su basi scientifiche e sostenuto dalle comunità.

Rafforzare gli approcci precauzionali

Tali misure comprendono la ricostituzione delle attività di pesca degli stock sovrasfruttati o impoveriti: comporterebbe vantaggi per le economie e i mezzi di sussistenza delle regioni. Una gestione della pesca che valuta e aggiorna regolarmente le proprie stratege col passare del tempo, sulla base di valutazioni delle future tendenze ecosistemiche, per ridurre i rischi associati alla pesca e affrontare il problema del cambiamento degli ecosistemi.

Ripristino degli ecosistemi costieri vegetali

Si tratta di ecosistemi particolari come le aree paludose dovute alle maree oppure le zone in cui vivono le mangrovie o le posidonie oceaniche. Questi ecosistemi aiutano a mitigare il cambiamento climatico attraverso un aumento dell’assorbimento e dello stoccaggio del carbonio, ovvero circa lo 0,5% delle attuali emissioni globali annuali.

Secondo il rapporto IPCC, una migliore protezione e gestione di queste aree può aiutare a ridurre le emissioni di carbonio ma anche a proteggere dalle tempeste, migliorare la qualità dell’acqua e incrementare i benefici per la pesca e la biodiversità marina.

Energia oceanica rinnovabile

Esiste un tipo di ricchezza, si legge, data dall’energia che si ottiene dall’eolico offshore, in mare aperto, dalle onde e dai biocarburanti. L’aumento della domanda di fonti energetiche alternative potrebbe offrire opportunità economiche nel settore delle energie rinnovabili.

Approcci alla gestione integrata delle acque

Qui ci si riferisce ai cambiamenti della criosfera nelle zone di alta montagna. Il rapporto sostiene la necessità di sviluppare e ottimizzare lo stoccaggio multiuso e il rilascio di acqua dai bacini, tenendo conto degli impatti potenzialmente negativi per gli ecosistemi e le comunità.

“Saremo in grado di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C, al di sopra dei livelli preindustriali, solo se effettueremo transizioni senza precedenti in tutti gli aspetti della società, compresa l’energia, la terra e gli ecosistemi, le infrastrutture urbane e l’industria. Le ambiziose politiche climatiche e la riduzione delle emissioni necessarie per realizzare l’accordo di Parigi proteggeranno anche gli oceani e la criosfera – e, in definitiva, sosterranno tutta la vita sulla Terra”, ha scritto Debra Roberts, copresidente del secondo gruppo di lavoro dell’IPCC.

Il Special Report on the Ocean and Cryosphere in a Changing Climate è stato redatto da più di 100 autori di 36 paesi facendo riferimento a circa 7.000 pubblicazioni scientifiche.

 

Fonte: Euronews.com

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