Il batterio che decompone il poliuretano, tra le plastiche più resistenti

9 Aprile 2020
Poliuretano

Il poliuretano è una delle plastiche più resistenti e tossiche del mondo. In Europa si studia un batterio in grado di decomporlo

 

Tra tutti i tipi di plastica che stanno soffocando gli oceani (e non solo) di tutto il mondo, il poliuretano è una delle più presenti e delle più pericolose, perché viene utilizzato in un’enorme quantità di prodotti ed difficilissimo da riciclare o distruggere.

Tra coloro che lavorano per trovare una soluzione all’inquinamento da poliuretano c’è anche il programma europeo P4SB, che ha pubblicato uno studio su Frontiers in Microbiology: nella ricerca viene identificato un batterio in grado di decomporre questo particolare tipo di plastica e si sottolinea l’importanza di nuove ricerche in questa direzione, che possano dare inizio a un uso su larga scala di questi spazzini naturali.

 

Cosa fa il poliuretano?

Nel 2015 è stato calcolato che il poliuretano rappresentasse circa 3,5 milioni di tonnellate di materiale plastico prodotto nel solo continente europeo: tra le altre cose, questo polimero si usa nei frigoriferi, nelle bottiglie d’acqua, nelle scarpe, nei mobili… in altre parole è una plastica polivalente. È anche una plastica termoindurente, il che significa che non si può fonderla senza sottoporla a un processo che porta al rilascio di sostanze tossiche di ogni tipo. Il P4SB ha quindi studiato il contenuto di una discarica ricca di plastica e identificato un batterio del genere Pseudomonas che è in grado di attaccare e rompere alcuni  dei legami chimici che tengono insieme il poliuretano.

 

Il superbatterio

Lo Pseudomonas identificato dalla ricerca è anche molto resistente alle sostanze tossiche ed è in grado di sopravvivere in condizioni estreme: il prossimo passo sarà quello di identificare quali dei suoi geni sono responsabili della produzione degli enzimi capaci di decomporre il poliuretano.

Non solo: sempre nella stessa “famiglia” batterica potrebbero trovarsi altri microrganismi in grado di attaccare un’altra plastica difficile da riciclare, il PET (quella delle bottiglie di plastica, per capirci). Stando agli autori dello studio, non appena sapremo qualcosa di più su come funzionano questi batteri potremmo pensare di usarli per creare delle vere e proprie “microfabbriche” per riciclare la plastica.

 

Scheda azienda

© Riproduzione riservata

ARTICOLI CORRELATI

campo ambientale

PerkinElmer, successo e innovazione: l'eccellenza analitica in campo ambientale a Roma

Grande successo per l'evento dedicato alle più avanzate soluzioni per la sicurezza e la qualità ambientale, tenutosi lo scorso 25...

Dieci anni di dati Unichim: le prestazioni analitiche dei laboratori italiani operanti nel campo della qualità delle acque destinate al consumo umano e di scarico

Un’analisi unica in Europa mostra come i circuiti interlaboratorio migliorano nel tempo la qualità dei dati ambientali.

Biotrends EM

Nuovi aggiornamenti BioTrends EM: più controllo, più velocità, più affidabilità per il monitoraggio ambientale

Biotrends è lieta di presentare i nuovi aggiornamenti di BioTrends EM 2.6.1.0 e BioTrends EM Mobile  1.2.1.0, progettati per migliorare...

Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Milano in data 07.02.2017 al n. 60 Editrice Industriale è associata a:
Anes
Assolombarda

LabWorld

Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Milano in data 07.02.2017 al n. 59

Se vuoi diventare nostro inserzionista, dai un’occhiata ai nostri servizi.
Scarica il mediakit per maggiori dettagli in merito.

La nostra certificazione CSST WebAuditing

Editrice Industriale è associata a:Anes  Assolombarda