Materiali geopolimerici: una nuova tecnologia per la valorizzazione degli scarti industriali

9 Luglio 2025
Cnr-Issmc

Dalla chimica verde una soluzione innovativa per trasformare rifiuti e sottoprodotti in materiali ad alte prestazioni, riducendo costi, impatti ambientali e dipendenza da materie prime vergini. L’intervento è stato presentato a LAB Italia 2025 dalla dott.ssa Annalisa Natali Murri, ricercatrice presso l’istituto di Scienza, Tecnologia e Sostenibilità per lo Sviluppo di Materiali Ceramici (CNR-ISSMC) di Faenza.

 

Il nostro paese ha prodotto nel solo 2022 oltre 161 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, con una netta prevalenza (circa il 94%) di rifiuti non pericolosi. Una quota significativa di questi proviene dal settore delle costruzioni e demolizioni (C&D), che da solo rappresenta circa la metà del totale. A questi si aggiungono gli scarti industriali provenienti da processi termici, acque reflue, sottoprodotti agricoli, ceneri e altri residui. In un contesto dove le discariche non riescono più a garantire capacità adeguata e dove la gestione dei rifiuti speciali resta per lo più inefficiente, diventa sempre più urgente ripensare l’intero modello di trattamento degli scarti, privilegiando soluzioni sostenibili, circolari e tecnologicamente avanzate.

In questa cornice, un team di ricerca di Cnr-issmc si sta impegnando da anni a rendere concreta e scalabile una delle tecnologie più interessanti del panorama della sostenibilità applicata alla scienza dei materiali, ovvero quella legata ai processi di geopolimerizzazione.

Questa tecnologia, finalizzata al riciclo e alla valorizzazione di scarti industriali di varia natura, permette di trasformare materie prime seconde, rifiuti e sottoprodotti industriali contenenti silice e allumina in nuovi materiali ad alte prestazioni, mediante meccanismi di consolidamento chimico a bassa temperatura. 

Questi materiali, noti come geopolimeri, sono leganti inorganici ottenuti attraverso reazioni di attivazione alcalina che conferiscono loro caratteristiche strutturali e funzionali avanzate. A differenza dei tradizionali leganti idraulici, i geopolimeri possono combinare le proprietà tipiche dei materiali ceramici – come la resistenza al calore e alla corrosione – con una maggiore lavorabilità e sostenibilità ambientale. L’intero processo si basa su una miscela di tre elementi: un attivatore alcalino in soluzione acquosa, un precursore solido di natura allumino-silicatica, possibilmente di scarto, ed eventuali additivi o riempitivi, anch’essi individuabili tra vari residui industriali. La reazione chimica avviene a temperature comprese generalmente tra i 40 e 80°C, e permette la formazione di materiali consolidati, densi o porosi, a seconda della formulazione e delle esigenze applicative. A rendere particolarmente interessante il processo di geopolimerizzazione è la possibilità di valorizzare i rifiuti anche attraverso processi di upcycling, trasformando materiali di scarto in prodotti di pari o superiore qualità rispetto a quelli originali, consentendo un significativo miglioramento rispetto ai tradizionali processi di downcycling o riciclo terziario. Le fonti di scarto utilizzabili sono estremamente diversificate: dalle ceneri volanti derivanti dalla combustione del carbone o della biomassa, ai fanghi industriali, dai rifiuti ceramici alle sabbie da fonderia, fino alle fibre naturali o sintetiche, anche provenienti da rifiuti solidi urbani. L’ampia gamma di precursori e inerti funzionali utilizzabili rende questa tecnologia estremamente versatile, e potenzialmente adattabile a diverse filiere produttive.

Cnr-Issmc

Dal punto di vista ambientale ed economico, i vantaggi sono molteplici. I processi ottimizzati da Cnr-Issmc consentono di ridurre significativamente i costi legati allo smaltimento e all’approvvigionamento di materie prime, oltre ad abbattere il consumo energetico e le emissioni di CO₂ rispetto ai processi convenzionali, come la produzione di leganti cementizi. Inoltre, la possibilità di generare nuovi materiali a basso impatto e ad alta funzionalità favorisce la diversificazione del mercato, l’apertura a nuove filiere industriali e lo sviluppo di prodotti innovativi pensati secondo i principi dell’economia circolare. La stessa filiera che genera lo scarto può in alcuni casi riutilizzarlo, come accade nel settore delle costruzioni, uno dei principali produttori di scarti alluminosilicatici e, al tempo stesso, uno dei contesti più promettenti per l’applicazione dei geopolimeri, sia per affinità prestazionali che per l’elevato volume di materiale coinvolto. Allo stesso tempo, è possibile creare sinergie con filiere industriali completamente diverse, contribuendo alla costruzione di un sistema produttivo più integrato, circolare e resiliente.

Tuttavia, la tecnologia legata al processo di geopolimerizzazione non è priva di criticità. Tra le sfide principali vi è la variabilità delle materie prime, che può influire sulla costanza delle prestazioni dei materiali finali, e la gestione degli attivatori alcalini, che richiede attenzione sia in fase produttiva che in termini di sicurezza e sostenibilità, sia ambientale che economica. A ciò si aggiunge la porosità intrinseca di alcuni prodotti geopolimerici, che può limitare l’impiego in applicazioni strutturali particolarmente esigenti. Inoltre, la mancanza di normative specifiche e di standard tecnici riconosciuti a livello internazionale ostacola la diffusione industriale su larga scala, rendendo ancora più importante il lavoro di validazione scientifica e tecnologica.

Nonostante queste sfide, il potenziale applicativo dei geopolimeri è ampio e in costante espansione. I settori d’impiego spaziano dall’edilizia sostenibile, con leganti e conglomerati a bassa impronta di carbonio, alla produzione di compositi fibrorinforzati per applicazioni termostrutturali, fino all’uso in ambiti ambientali per la realizzazione di filtri ceramici, membrane, adsorbenti per CO₂ o trattamento di reflui industriali. I geopolimeri trovano impiego anche nel settore dell’ecodesign e dello sviluppo di prodotti made in Italy, offrendo soluzioni sostenibili e innovative per l’arredo urbano, l’interior design e l’oggettistica, ampliando le possibilità applicative in ambiti ad alto valore creativo per sviluppare soluzioni nuove, efficaci e compatibili con le sfide ambientali contemporanee.

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Lo stato di avanzamento della tecnologia ottimizzata da Cnr-Issmc attualmente colloca la geopolimerizzazione di scarti industriali mediamente tra i livelli TRL 3 e 5, ovvero in una fase di sviluppo sperimentale e di validazione in ambiente rilevante, a seconda della tipologia di scarto utilizzato e dei target applicativi e prestazionali. Una volta definita la fase di scale-up del prodotto, il percorso verso l’industrializzazione non richiede tecnologie complesse, né processi energivori o particolarmente costosi, rendendo il trasferimento tecnologico efficiente e sostenibile.

Questo approccio sistemico, che unisce innovazione di processo e di prodotto, si sta rivelando una delle vie più promettenti per affrontare le criticità ambientali legate agli scarti industriali, contribuendo alla transizione ecologica dell’industria italiana e offrendo al tempo stesso nuove opportunità economiche e tecnologiche: la continua ricerca e l’impegno di Cnr-Issmc nel perfezionamento dei processi di geopolimerizzazione rappresentano un tassello fondamentale per promuovere un modello produttivo più circolare e sostenibile

 

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